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Serbava queste cose, meditandole... (Lc.2,19)

Ultimo Aggiornamento: 13/05/2024 09:21
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20/04/2023 17:04
 
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«Chi crede nel Figlio ha la vita eterna»

Rev. D. Melcior QUEROL i Solà
(Ribes de Freser, Girona, Spagna)
Oggi, il Vangelo ci invita a lasciar di essere terrenali , a smettere di essere uomini che solo parlano di cose mondane, per parlare e darci da fare come «chi viene dall alto» (Gv 3,31), che è Gesù. In questo testo vediamo ancora una volta- che nella radicalità del Vangelo non ci sono mezzi termini. È necessario che in tutti i momenti e in tutte le circostanze ci sforziamo per avere lo stesso pensiero di Dio, avere l ambizione di sentire gli stessi sentimenti di Cristo, e aspiriamo guardare gli uomini e le circostanze con lo stesso sguardo del Verbo fatto uomo. Se agiamo come chi viene dall alto scopriremo tutte le cose positive che continuamente succedono intorno a noi, perché l amore di Dio è una continua azione in favore dell uomo. Se veniamo dall alto ameremo tutti quanti senza eccezioni, facendo della nostra vita un invito per gli altri a fare lo stesso.

«Chi viene dall alto è al di sopra di tutti» (Gv 3,31), per questo può servire ad ogni uomo e ad ogni donna giustamente in quello di cui ha bisogno; inoltre «attesta ciò che ha visto e udito» (Gv 3,32). E il suo servizio porta la marca della gratuità. Questa attitudine di servire senza sperare nulla in cambio, senza aspettare la risposta dell altro, crea un ambiente profondamente umano e di rispetto alla libera scelta della persona; questa attitudine si contagia e gli altri si sentono liberamente mossi a rispondere ed agire della stessa forma.

Servizio e testimonianza vanno sempre insieme l uno con l altro, si identificano. Il nostro mondo ha bisogno di ciò che è autentico: che più autentico della parola di Dio? Che più autentico di colui che «dà lo Spirito senza misura »(Gv 3,34)? È per questo che «chi però ne accetta la testimonianza, certifica che Dio è veritiero» (Gv 3,33).

Credere nel Figlio significa avere vita eterna, significa che i giorno del Giudizio non pesa sul credente, perché è già stato giudicato e con un giudizio favorevole; al contrario «chi non obbedisce al Figlio non vedrà la vita, ma l'ira di Dio incombe su di lui» (Gv 3,36) fino a che non creda.
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23/04/2023 09:02
 
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«In quello stesso giorno [il primo della settimana]»

Rev. D. Jaume GONZÁLEZ i Padrós
(Barcelona, Spagna)
Oggi, incominciamo la proclamazione del Vangelo con l espressione: «Quello stesso giorno, la domenica» (Lc 24,13). Si, ancora di domenica. Pasqua si ha detto è come una grande domenica di cinquanta giorni, oh, sapessimo l importanza che ha questo giorno nella vita dei cristiani! «Ci sono motivi per dire, come suggerire l omelia di un autore del IV secolo (il Pseudo Eusebio di Alessandria), che il giorno del Signore è il Signore dei giorni (...). Questa è effettivamente per i cristiani la festa primordiale » (San Giovanni Paolo II). La domenica per noi è come il seno materno, culla, celebrazione, famiglia e anche alito missionario. Oh, se guardassimo la luce e la poesia che ci porta! Allora affermeremmo come quei martiri dei primi secoli: «Non possiamo vivere senza la domenica».
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24/04/2023 11:45
 
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Datevi da fare (...) per il cibo che rimane per la vita eterna»

Abbé Jacques FORTIN
(Alma (Quebec), Canada)
Oggi, dopo la moltiplicazione dei pani, la folla cercò Gesù e nella sua ricerca raggiunsero Cafarnao. Ieri come oggi, gli esseri umani hanno cercato tutto quello che è divino. Non è dunque una manifestazione della ricerca del divino la moltiplicazione di sette religiose, dell'esoterismo?

Ma alcune persone vorrebbero sommettere quello che è divino alle proprie neccessità umane. In effetti, la storia ci mostra che a volte si cerca di usarlo per scopi politici o di altro tipo. Oggi la folla si è spostata verso Gesù. Perché? È la domanda che fa Gesù quando dice: «Voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e siete stati saziati» (Gv 6,26). Gesù non si inganna. Sa che non sono stati in grado di leggere i segnali nella moltiplicazione dei pani. Gli annuncia che quello che soddisfa l'uomo è un alimento spirituale che ci permette di vivere per sempre (cf. Gv 6,27). Dio è il datore di quel cibo, e lo dà per mezzo del suo Figlio. Tutto ciò che fa che cresca la fede in Lui è un alimento al quale dobbiamo dedicare tutte le nostre energie.

Allora si capisce perché il Papa ci incoraggia a cercare di ri-evangelizzare il nostro mondo che spesso non va a Dio con delle buone ragioni. Nella costituzione "Gaudium et Spes" ("La Chiesa nel mondo contemporaneo"), i Padri del Concilio Vaticano II ci ricordano: La Chiesa «sa bene che soltanto Dio, al cui servizio è dedita, dà risposta ai più profondi desideri del cuore umano, che mai può essere pienamente saziato dagli elementi terreni». E noi, perché continuiamo a seguire Gesù? che cosa ci dà la Chiesa? Ricordiamo ciò che il Concilio Vaticano II dice! Siamo convinti del benessere che questo alimento ci proporziona e che possiamo dare al mondo?
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25/04/2023 09:37
 
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«Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura»

Mons. Agustí CORTÉS i Soriano Vescovo di Sant Feliu de Llobregat
(Barcelona, Spagna)
Oggi, ci sarebbe molto da dire sulla essenza del perché non risuona con forza e convinzione la parola del Vangelo, perché i cristiani osserviamo un silenzio sospettoso su ciò che crediamo, nonostante la chiamata alla "nuova evangelizzazione". Ognuno farà la propria analisi e indicherà la sua particolare interpretazione.

Ma nella festa di San Marco, ascoltando il Vangelo e guardando l evangelizzatore, non possiamo fare a meno di proclamare con sicurezza e gratitudine dov'è l'origine e in che consiste la forza della nostra parola.

L'evangelizzatore non parla così perché glielo raccomanda uno studio sociologico del momento, perché glielo detti una prudenza politica e nemmeno perché "nasce dal dire ciò che pensa . Senza preamboli gli viene imposta una presenza e un mandato dall'esterno, senza coercizione, ma con l'autorità di chi è degno di tutto credito, "Vai in tutto il mondo e predica il Vangelo ad ogni creatura" (cf. Mc 16,15). Cioè, noi evangelizziamo per obbedienza, ma anche con gioia e fiducia.

La nostra parola, d altra parte, non si presenta come una in più nel mercato delle idee e delle opinioni, ma ha tutto il peso dei messaggi forti e definitivi. Della sua accettazione o rifiuto dipendono la vita o la morte; e la sua verità, il suo potere di persuasione, arriva per la via testimoniale, ovvero, accreditato da segnali a favore dei bisognosi. Perciò è, propriamente, una "proclama" una dichiarazione pubblica, felice, emozionata, di un fatto decisivo e salvatore.

Perché, allora, il nostro silenzio? Paura, timidezza? Diceva San Giustino che "gli ignoranti e incapaci di eloquenza, persuasero con la virtù tutta l'umanità". Il segno o miracolo della virtù è la nostra eloquenza. Lasciamo almeno che il Signore in mezzo a noi e con noi realizzi la sua opera «mentre il Signore operava insieme con loro e confermava la parola con i prodigi che l'accompagnavano» (Mc 16,20)
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26/04/2023 07:53
 
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Chi viene a me non avrà fame»

Fr. Gavan JENNINGS
(Dublín, Irlanda)
Oggi, vediamo quanto preoccupano a Dio la nostra fame e la nostra sete. Come potremmo continuare a pensare che Dio sia indiferente di fronte alle nostre sofferenze? Ancora di pi, troppo spesso "ci rifiutiamo di credere" all'amore tenero che Dio ha per ciascuno di noi. Occultando s← stesso nell'Eucaristia, Dio dimostra l'incredibile distanza che ← disposto a percorrere per soddisfare la nostra sete e la nostra fame.

Per￲, di quale "sete" e di quale "fame" si tratta? Definitivamente, della fame e della sete della "vita eterna". La fame e la sete fisiche non sono altro che un pallido riflesso di un profondo desiderio che ogni uomo ha davanti alla vita divina che solamente Cristo pu￲ offrirci. "Questa infatti │ la volont¢ del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna" (Gv 6,39). E cosa dobbiamo fare per ottenere questa vita eterna cosi desiderata? Forse un atto eroico o sovrumano? No! E' un qualcosa di molto pi semplice, per cui Ges ci dice: "colui che viene a me, io non lo caccer￲ fuori" (Gv 6,37). Noi solo dobbiamo accorrere a Lui, andare al Suo incontro.

Queste parole di Cristo ci stimolano ad avvicinarci a Lui ogni giorno nella Santa Messa. E' la cosa pi semplice del mondo! Semplicemente assistere alla Messa; pregare e allora ricevere il Suo Corpo. Quando lo facciamo, non solo veniamo in possesso di questa nuova vita, ma, inoltre, la irradiamo su altri. Il Papa Francesco, l'allora Cardinale Bergoglio, nell'omelia del Corpus Christi, disse: "Cos↓ come ← bello, dopo aver fatto la comunione, pensare nella nostra vita come una Messa prolungata, nella quale portiamo il frutto della presenza del Signore al mondo della famiglia, del quartiere, dello studio e del lavoro, cos↓, pure, ci fa bene pensare la nostra vita giornaliera quale preparazione all'Eucaristia, nella quale il Signore prende tutto ci￲ che ← nostro e lo offre al Padre".
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27/04/2023 08:56
 
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«Io sono il pane vivo, disceso dal cielo»

Rev. D. Pere MONTAGUT i Piquet
(Barcelona, Spagna)
Oggi, cantiamo al Signore da cui ci viene la gloria e il trionfo. Il Risuscitato si presenta alla sua Chiesa con quel «Io sono colui che è» che lo identifica come fonte di salvezza: «Io sono il pane della vita» (Gv 6,48). Nell atto di ringraziamento, la comunità riunita intorno al Vivente lo riconosce amorosamente e accetta il precetto di Dio, riconosciuto ora come l insegnamento del Padre. Cristo, immortale e glorioso, ci ricorda nuovamente che il Padre è l autentico protagonista di tutto. Coloro che lo ascoltano e credono vivono in comunione con chi proviene da Dio, l unico che lo ha visto, così la fede è il principio della vita eterna.

Il pane vivo è Gesù. Non è un alimento che assimiliamo in noi, bensì ci assimila. Lui ci fa avere fame di Dio, sete di ascoltare la sua Parola, che è gioia e allegria del cuore. La Eucaristia è l anticipo della gloria celeste: «Spezziamo lo stesso pane, che è rimedio di immortalità, antidoto per non morire e per vivere per sempre in Cristo» (San Ignazio di Antiochia). La comunione con la carne del Cristo risorto ci deve abituare con tutto quello che scende dal cielo, ossia, a chiedere, a ricevere e assumere la nostra vera condizione: siamo fatti per Dio e solo Lui sazia pienamente il nostro spirito.

Però questo pane vivo non solo ci farà vivere un giorno, oltre alla morte fisica, bensì ci è dato ora «per la vita del mondo» (Gv 6,51). Il proposito del Padre, che non ci ha creato per morire, è legato alla fede e all amore. Vuole una risposta attuale, libera e personale alla sua iniziativa. Ogni volta che mangiamo di questo pane, addentriamoci nell amore stesso! Già non viviamo per noi stessi, già non viviamo nell errore. Il mondo è ancora bello perché c è chi continua ad amarlo fino all estremo, perché esiste un Sacrificio del quale si beneficiano persino quelli che lo ignorano.
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28/04/2023 09:50
 
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«In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita»

Rev. D. Àngel CALDAS i Bosch
(Salt, Girona, Spagna)
Oggi, Gesù fa tre dichiarazioni capitali quali: che si deve mangiare la carne del Figlio dell uomo e bere il suo sangue; che se non si fà la Comunione non si può aver vita; e che questa vita è la vita eterna ed è condizione per la risurrezione (cf. Gv 6,53.58). Non vi è nient altro nel Vangelo che sia così chiaro, così evidente e definitivo come queste affermazioni di Gesù.

Non sempre i cattolici siamo all altezza di ciò che merita l Eucaristia: a volte pretendiamo vivere senza le condizioni di vita segnalate de Gesù e, come scrisse Giovanni Paolo II, «l Eucaristia è un dono troppo grande per ammettere ambiguità e diminuzioni».

Mangiare per vivere : mangiare la carne del Figlio dell uomo per vivere come il Figlio dell uomo. Questo mangiare si chiama comunione . Si tratta di un mangiare , e diciamo mangiare affinché rimanga chiara la necessità dell assimilazione, dell identificazione con Gesù. Si comunica per mantenere la unione: per pensare come Lui, per parlare come Lui, per amare come Lui. I cristiani avevamo bisogno dell enciclica eucaristica di Giovanni Paolo II, La Chiesa vive dell Eucaristia. Si tratta di un enciclica appassionata: è fuoco perché l Eucaristia è incandescente.

«Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi» (Lc 22,15), disse Gesù la sera del Giovedì Santo. Dobbiamo recuperare il fervore eucaristico. Nessun altra religione ha una simile iniziativa. È Dio stesso che scende fino al cuore dell uomo per stabilire una misteriosa relazione d amore. E da lì si costruisce la Chiesa e prende parte nel dinamismo apostolico ed ecclesiale dell Eucaristia.

Stiamo toccando la profondità stessa del mistero, come Tommaso, che tocca le ferite di Cristo Risorto. Noi cristiani dovremo rivedere la nostra fedeltà al fatto eucaristico, così come Gesù lo ha rivelato e la Chiesa ce lo propone. Dobbiamo rivivere la tenerezza verso l Eucaristia: genuflessioni pausate e ben fatte, incremento del numero delle comunioni spirituali... E, a partire dall Eucaristia gli uomini ci appariranno sacri, così come sono. E li serviremo con una rinnovata tenerezza.
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29/04/2023 09:18
 
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«Hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli»

Rev. D. Antoni CAROL i Hostench
(Sant Cugat del Vallès, Barcelona, Spagna)
Oggi la Chiesa celebra con gioia e gratitudine a S. Caterina da Siena (1347-1380), patrona d'Italia. Con gioia perché in essa sono diventate vere le parole di Cristo: «Perché tu hai nascosto queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli» (Mt 11,25). Impressiona il grado di maturità interiore e d unione amorosa fino ai mistici desposori in Gesù Cristo di una ragazza così giovane come Catalina.

Dio stesso ha nel suo DNA la semplicità, la discrezione. Così si ha agito il Messia: è nato e cresciuto in un fienile, senza trionfalismi. Egli era il Re annunciato e atteso da Davide, ma la sua corona reale è fatta di spine e il suo trono è la Croce. In una delle sue visioni mistiche, Catalina vide che Gesù gli ha mostrato due corone, una d'oro i l altra di spine. Lei rispose che il suo riposo era il dolore del Signore e ha scelto le spine ... «Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi darò riposo» (Mt 11,28): Catalina riposa nella sofferenza di Cristo; Gesù risiede nella semplicità della giovane santa.

Catalina, che conosceva bene il suo Amato, aveva vivida consapevolezza della grandezza dell'uomo perché Dio stesso è innamorato di ciascuno di noi: «Quale fu la ragione che tu ponessi l'uomo in tanta dignità? Certo l'amore inestimabile con il quale hai guardato in te medesimo la tua creatura e ti sei innamorato di lei; per amore infatti tu l'hai creata, per amore tu le hai dato un essere capace di gustare il tuo Bene eterno»

Infine, la gratitudine della Chiesa verso Catalina per il suo compito conciliante. A quel tempo, la Chiesa ha vissuto un periodo triste di divisioni, interne ed esterne. La cosa più spiacevole è stata l "esilio di Avignone". Dal 1305, un totale di sette papa hanno riseduto ad Avignone. Le preghiere e gli sforzi di Santa Caterina, anche di altre personalità, come santa Brigida hanno ottenuto che nel 1367 papa Urbano V tornasse alla Città Eterna. Grazie siano date eternamente alle sante donne che hanno fatto tanto spesso più di quanto sappiamo per la Chiesa!

Pensieri per il Vangelo di oggi
«Quale, o chi, è stata la ragione che ha stabilito l'uomo in tale dignità? Per amore lo hai creato, per amore gli hai dato un essere capace di gustare il tuo bene eterno» (Santa Caterina da Siena)

«Anche oggi la Chiesa riceve un grande beneficio dall'esercizio della maternità spirituale da parte di numerose donne, consacrate e laiche, che alimentano nelle anime il pensiero di Dio, rafforzano la fede degli uomini e dirigono la vita cristiana verso vette sempre più alte» (Benedetto XVI)

«Dio opera in ogni cosa per il bene di coloro che lo amano (cfr. Rm 8,28). La testimonianza dei santi non cessa di confermare questa verità. Così dice Santa Caterina da Siena (...): 'Tutto procede dall'amore; tutto è ordinato alla salvezza dell'uomo'. Dio non fa nulla che non sia per questo scopo» (...)» (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 313)
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30/04/2023 12:15
 
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«Io sono la porta delle pecore»

P. Pere SUÑER i Puig SJ
(Barcelona, Spagna)
Oggi, nel Vangelo, Gesù usa due immagini riferite a se stesso: Egli è il pastore. Ed Egli è la porta. Gesù è il buon pastore che conosce le pecore. «Egli chiama le sue pecore una per una» (Gv 10,3). Per Gesù ognuno di noi non è un numero; per ciascuno riserva un contatto personale. Il Vangelo non è solo una dottrina: è l adesione personale di Gesù con noi.

E non solo ci conosce personalmente. Egli ci ama personalmente. Conoscere nel Vangelo di san Giovanni non significa semplicemente un atto dell intelletto, ma un atto di adesione alla persona conosciuta. Gesù, quindi, porta nel suo Cuore ciascuno di noi. E noi lo dobbiamo pure conoscere così. Conoscere Gesù non comporta solo un atto di fede, ma anche di carità, di amore. «Esaminatevi se conoscete ci dice san Gregorio Magno, commentando questo testo se lo conoscete non per il fatto di credere ma per il fatto di amare». E l amore si dimostra con le opere.

Gesù è anche la porta. L unica porta. «Se uno entra attraverso di me, sarà salvo» (Gv 10,9). E poco dopo ribadisce: «Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me» (Gv 14,6). Oggi un malinteso ecumenismo fa che qualcuno pensi che Gesù è uno dei tanti salvatori: Gesù, Budda, Confucio..., Maometto, che importanza ha? No! Chi si salva si salva per mezzo di Gesù Cristo, sebbene in questa vita non se ne renda conto. Chi lotta per compiere il bene, lo sappia o no, passa attraverso Gesù. Noi lo sappiamo grazie al dono della fede. Siamo dunque riconoscenti, sforziamoci di entrare attraverso questa porta, che, nonostante sia stretta, Egli ci spalanca. E diamo fede che tutta la nostra speranza è posta in Lui.
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01/05/2023 09:20
 
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«Io sono il buon pastore»

Rev. D. Josep VALL i Mundó
(Barcelona, Spagna)
Oggi, ci dice Gesù: «Io sono il buon pastore» (Gv 10,11). Commentando san Tommaso d Aquino quest affermazione, scrive che «è evidente che il titolo di pastore conviene a Cristo, giacché allo stesso modo che un pastore conduce il gregge al pascolo, così pure Cristo ristora i fedeli con un alimento spirituale: il suo proprio corpo ed il suo stesso sangue». Tutto cominciò con l Incarnazione, e Gesù lo compì lungo la sua vita, portandolo a termine con la sua morte redentrice e la sua resurrezione. Dopo di essere risuscitato, affidò questa pastorizia a Pietro, agli Apostoli ed alla Chiesa fino alla fine dei tempi.

Per mezzo dei pastori, Cristo da la sua Parola, distribuisce la sua grazia nei sacramenti e conduce il gregge verso il Regno: Lui stesso si offre quale alimento nel sacramento dell Eucaristia, imparte la Parola di Dio ed il suo Magistero, e guida con sollecitudine il suo Popolo. Gesù ha provvisto la sua Chiesa di pastori secondo il suo cuore, cioè, uomini che, rappresentandolo per mezzo del sacramento dell Ordine, donino la propria vita per le loro pecore, con carità pastorale, con umile spirito di servizio, con clemenza, pazienza e fortezza. Sant Agostino parlava frequentemente di questa esigente responsabilità del pastore: «Questa dignità di pastore mi preoccupa (...), ma anche se mi spaventa il fatto che ho questa responsabilità di voi, mi è di sollievo il fatto che sono tra voi (...). Sono vescovo per voi, sono cristiano con voi».

Ed ognuno di noi, cristiani, lavoriamo aiutando i pastori. Preghiamo per loro, li amiamo e li ubbidiamo. Siamo anche pastori per i fratelli, arricchendoli di grazia e di dottrina che abbiamo ricevuto, condividendo preoccupazioni ed allegrie, aiutando tutti con tutto il cuore. Ci struggiamo d affetto per tutti quelli che ci circondano nel circolo familiare, sociale e professionale fino a dare la vita per tutti con lo stesso spirito di Cristo, che è venuto al mondo «non è venuto per essere servito, ma per servire» (Mt 20,28).
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07/05/2023 08:38
 
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Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me»

Pbro. Walter Hugo PERELLÓ
(Rafaela, Argentina)
Oggi, la scena che contempliamo nel Vangelo ci mette d avanti all intimità esistente tra Gesucristo ed il Padre; ma non solo questo, anzi ci invita a scoprire la relazione che c è tra Gesù ed i suoi discepoli. «Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io» (Gv 14,3): queste parole di Gesù, non solo collocano i discepoli in una prospettiva del futuro, ma li invita a mantenersi fedeli nel seguire la strada che avevano intrapresa. Per partecipare con il Signore la vita gloriosa, devono compartire pure lo stesso cammino che porta Gesucristo alla casa del Padre.

«Signore, non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere la via?» (Gv 14,5). Dice loro Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se conoscete me, conoscerete anche il Padre: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto» (Gv 14,6-7). Gesù non propone un cammino facile, certamente; ci segna però il sentiero. Meglio ancora, Lui stesso si fa cammino verso il Padre; Lui stesso, con la sua risurrezione, diventa Camminante per guidarci; Lui stesso, con il dono dello Spirito Santo c incoraggia e ci fortifica perché non veniamo meno nel pellegrinare: «Non sia turbato il vostro cuore» (Gv 14,1).

In quest invito che Gesù ci fa, quello di andare dal Padre per mezzo suo, con Lui ed in Lui, si svela il suo desiderio più intimo e la sua più profonda missione: «Colui che per noi si fece uomo, essendo il Figlio unico, vuol farci fratelli suoi e, con questo fine fa arrivare fino al Padre vero la sua propria umanità, portando in essa con sé tutti quelli che sono della sua stessa razza» (San Gregorio di Nizza).

Un Cammino da percorrere, una Verità da proclamare, una Vita da condividere e godere: Gesucristo.
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09/05/2023 08:50
 
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«Vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi»

Rev. D. Enric CASES i Martín
(Barcelona, Spagna)
Oggi, Gesù ci parla indirettamente della croce: ci lascerà la pace, ma al prezzo della sua dolorosa uscita da questo mondo. Oggi leggiamo le sue parole dette prima del sacrificio della Croce e che furono scritte posteriormente alla sua Risurrezione. Sulla Croce, con la sua morte vinse la morte e la paura. Non ci da la pace «come la dà il mondo» (cf. Gv 14,27), ma lo fà attraverso il dolore e l umiliazione: così dimostrò il suo amore misericordioso all essere umano.

Nella vita degli uomini è inevitabile la sofferenza, a partire dal giorno in cui il peccato è entrato nel mondo. Alcune volte si tratta di dolore fisico; altre di quello morale; in altre occasioni si tratta di un dolore spirituale..., e per tutti arriva la morte. Dio però, nel suo amore infinito, ci ha dato il rimedio per avere pace nel dolore. Lui ha accettato di andarsene da questo mondo con una uscita sofferente e avvolta di serenità.

Perché lo fece così? Perché in questo modo il dolore umano unito a quello di Cristo si trasforma in un sacrificio che salva dal peccato. «Sulla Croce di Cristo (...), la stessa sofferenza umana è rimasta redenta» (Giovanni Paolo II). Gesù Cristo soffre con serenità perché compiace al Padre celeste mediante un atto di costosa obbedienza, e con il quale si offre volontariamente per la nostra salvezza.

Un autore sconosciuto del II secolo mette sulle labbra di Cristo le seguenti parole: «Guarda gli sputi sul mio volto, che ho ricevuto per te, per restituirti il primo alito di vita che ho soffiato sul tuo volto. Guarda gli schiaffi sulle mie guance, che ho sopportato per riformare d accordo alla mia immagine il tuo aspetto deteriorato. Guarda la mia spalla flagellata per togliere dalla tua il peso dei tuoi peccati. Guarda le mie mani, saldamente immobilizzate con chiodi sull albero della croce, per te, che un tempo stendesti funestamente una delle tue mani verso l albero proibito».
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10/05/2023 09:03
 
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Rimanete in me e io in voi»

Rev. D. Antoni CAROL i Hostench
(Sant Cugat del Vallès, Barcelona, Spagna)
Oggi, contempliamo di nuovo Gesù circondato dagli Apostoli, in un clima di speciale intimità. Lui confida loro quelle che potremmo considerare come le ultime raccomandazioni: ciò che si dice all ultimo momento, nell istante del congedo, e che ha una forza speciale, come se si trattasse di un ultimo testamento.

Ce li immaginiamo nel cenacolo. Lì Gesù ha lavato loro i piedi, gli ha ripetuto che deve andarsene, gli ha tramesso il comandamento dell amore fraterno e li ha consolati con il dono dell Eucaristia e la promessa dello Spirito Santo (cf. Gv 14). Immersi nel quindicesimo capitolo di questo Vangelo, troviamo ora l esortazione all unità nella carità.

Il Signore non nasconde ai discepoli i pericoli e le difficoltà che dovranno affrontare nel futuro: «Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi» (Gv 15,20). Però loro non devono abbatersi ne demoralizzarsi di fronte all odio del mondo: Gesù rinnova la promessa dell invio del Difensore, garantisce loro l assistenza in tutto ciò che chiedano e, finalmente, il Signore prega al Padre per loro per tutti noi- durante la sua preghiera sacerdotale (cf. Gv 17).

Il nostro pericolo non viene dall esterno: la peggior minaccia può sorgere da noi stessi al venir meno l amore fraterno fra i membri del Corpo Mistico di Cristo e all unità con la Testa di questo Corpo. La raccomandazione è chiara: «Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla» (Gv 15,5).

Le prime generazioni di cristiani conservarono una coscienza molto fervente alla necessità di rimanere uniti per la carità. Ecco la testimonianza di un Padre della Chiesa, sant Ignazio di Antiochia: «Correte tutti insieme verso un solo tempio di Dio, come a un solo altare, a un solo Cristo che procede da un solo Padre». Ed ecco anche l indicazione di Maria, Madre dei cristiani: «Fate quello che vi dirà» (Gv 2,5).
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13/05/2023 08:31
 
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Faranno a voi tutto questo a causa del mio nome, perché non conoscono colui che mi ha mandato»

Rev. D. Ferran JARABO i Carbonell
(Agullana, Girona, Spagna)
Oggi, il Vangelo contrappone il mondo ai seguaci di Cristo. Il mondo rappresenta tutto ciò che di peccato troviamo nella nostra vita. Una delle caratteristiche di chi segue Gesù è, dunque, la lotta contro il male e il peccato che si trova nell intimo di ogni uomo e nel mondo. Perciò, Gesù risuscitato è luce, luce che illumina le tenebre del mondo. Karol Wojtyla ci esortava a «che questa luce ci renda forti e capaci di accettare la intiera verità di Cristo ed amarla di più quanto di più la contraddice il mondo».

Ne il cristiano, ne la Chiesa possono seguire le mode o i criteri del mondo. Il criterio unico, definitivo e ineludibile è Cristo. Non è Gesù che si deve adattare al mondo nel quale viviamo; siamo noi che dobbiamo trasformare le nostre vite in Gesù. «Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre». Questo deve farci pensare. Quando la nostra società secolarizzata chiede certi cambi o facoltà ai cristiani e alla Chiesa, semplicemente ci sta chiedendo di allontanarci da Dio. Il cristiano deve mantenersi fedele a Cristo e al suo messaggio. Dice sant Ireneo: «Dio non ha bisogno di niente; ma l´uomo ha bisogno di stare in comunione con Dio». E la gloria dell uomo sta nel preservare e mantenersi al servizio di Dio.

Questa fedeltà può trarre molte volte la persecuzione: «Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi» (Gv 15,20). Non dobbiamo aver paura della persecuzione; Dobbiamo temere piuttosto di non cercare con sufficiente desiderio adempiere la volontà del Signore. Siamo coraggiosi e proclamiamo senza paura Cristo risuscitato, luce e allegria dei cristiani! Lasciamo che lo Spirito Santo ci trasformi per essere capaci di comunicare questo al mondo!
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17/05/2023 08:09
 
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«Molte cose ho ancora da dirvi»

Rev. D. Àlex SERRA
(Sant Cugat del Vallès, Barcelona, Spagna)
Oggi è un giorno speciale! Immagina la tipica giornata in cui sei con la tua famiglia o i tuoi amici e hai molte cose da raccontare. Forse non li vedi da molto tempo o sei arrivato da un bel viaggio o, semplicemente, hai avuto una giornata piena di esperienze. Vuoi spiegare tutto, ma non hai abbastanza tempo. Ebbene, questo è quello che è successo a Gesù. Per questo dice: «Molte cose ho ancora da dirvi» (Gv 16, 12).

Immagina Gesù con i suoi migliori amici, i discepoli, mentre dice loro che quando avranno lo Spirito di verità, cioè, il suo stesso Spirito , predicheranno senza paura in tutto il mondo, con entusiasmo spettacolare e che avranno una vita fantastica con Lui. Con questo non dice che non avremo dei problemi, ma che dobbiamo affrontargli in un altro modo, poiché con lo Spirito di Dio tutto è possibile. Lo Spirito fa nuovo tutto, smaschera le nostre paure, cambia la nostra vita, ci fa uscire da ciò che diventa ingombrante, ci aiuta ad amare coloro che sono difficili per noi ... e che ognuno pensi a ciò di cui ha bisogno che il Signore cambi nella sua vita.

Tutto questo è ciò che lo Spirito comunica e annuncia. Una nuova vita dove le sciocchezze che possiamo vivere si affrontano con lo Spirito del Signore e, come ha detto Papa Francesco nel 2020 alla Messa di Pentecoste segnata dalla reclusione per il Covid-19, una vita di donazione! Questo è il frutto dello Spirito: il dono agli altri, per l'unità tra i discepoli. Noi riceviamo lo Spirito, ma non per noi stessi ma per gli altri, per coloro che sono al nostro fianco, chiunque essi siano...

Speriamo che oggi siamo capaci di essere discepoli fedeli del Signore o, meglio, che oggi siamo veri amici di Colui che ci dà la Vita e ci domandiamo: se sono un discepolo del Signore, come mi dono agli altri? Do loro la vita?
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19/05/2023 08:36
 
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«La vostra tristezza si cambierà in gioia»

Rev. D. Joaquim FONT i Gassol
(Igualada, Barcelona, Spagna)
Oggi, cominciamo il "Decenario allo Spirito Santo". Rivivendo il Cenacolo, vediamo la Madre di Gesù, Madre del Buon Consiglio, conversando con gli Apostoli. Che conversazione così cordiale e intensa! Ricordare tutte le allegrie che avevano avuto al lato del Maestro. I giorni pasquali, l Ascensione e le promesse di Gesù. Le sofferenze dei giorni della Passione si sono trasformate in allegrie. Che bell ambiente nel Cenacolo! E quello che si sta preparando come Gesù ha detto loro.

Noi sappiamo che Maria, Regina degli Apostoli, Sposa dello Spirito Santo, Madre della Chiesa nascente, ci guida per ricevere i doni e i frutti dello Spirito Santo. I doni sono come la vela di una imbarcazione quando è distesa e il vento che rappresenta la grazia le è favorevole: che rapidità e facilità nel cammino!

Il Signore ci promette anche nella nostra rotta di convertire le fatiche in allegria: «nessuno vi potrà togliere la vostra gioia» (Gv 16,23) e «perché la vostra gioia sia piena» (Gv 16,24). E nel Salmo 126,6: «Nell andare, se ne va e piange, portando la semente da gettare, ma nel tornare, viene con giubilo, portando i suoi covoni».

Durante tutta la settimana, la Liturgia ci parla di ringiovanire, di esultare (saltare dalla gioia), della felicità sicura ed eterna. Tutto ci porta a vivere di preghiera. Come ci dice san Giuseppe Maria: «Voglio che tu stia sempre contento, perché l allegria è parte integrante del tuo cammino. Chiedi questa stessa allegria soprannaturale per tutti».

L essere umano ha bisogno di ridere per la salute fisica e spirituale. L'umore sano insegna a vivere. San Paolo ci dirà: «Sappiamo che tutte le cose contribuiscono al bene di quelli che amano Dio» (Rom 8,28). Ecco una bella giaculatoria: «Tutto è per il bene!»; «Omnia in bonum!».
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25/05/2023 09:36
 
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Non prego solo per questi, ma anche per quelli che crederanno in me»

P. Joaquim PETIT Llimona, L.C.
(Barcelona, Spagna)
Oggi, nel Vangelo troviamo una solida base per la fiducia: «Non prego solo per questi, ma anche per quelli che (...) crederanno in me» (Gv 17,20). È il cuore di Gesù il quale, nella intimità con i suoi, apre loro i tesori inesauribili del Suo Amore. Vuole rassicurare i loro cuori afflitti dall aria di congedo che hanno le parole e i gesti del Maestro durante l Ultima Cena. È la preghiera doverosa di Gesù che va al Padre chiedendo per loro. Quanta forza e sicurezza troveranno poi in questa preghiera durante la loro missione apostolica! In mezzo a tutte le difficoltà e pericoli che dovranno affrontare, questa preghiera li accompagnerà e sarà fonte di fermezza e coraggio per testimoniare, con l offerta della propria vita, la loro fede.

La contemplazione di questa realtà, di questa preghiera di Gesù per i suoi, deve arrivare anche alle nostre vite: «Non prego solo per questi, ma anche per quelli che (...) crederanno in me» (Gv 17,20). Queste parole, attraverso i secoli, arrivano a noi con la stessa forza con la quale furono pronunciate, fino al cuore di tutti e a ognuno dei credenti.

Nel ricordo dell ultima visita di San Giovanni Paolo II in Spagna, troviamo nelle parole del Papa l eco di questa preghiera di Gesù per i suoi: «Con le mie braccia aperte vi porto tutti nel mio cuore disse il Pontefice davanti a più di un milione di persone-. Il ricordo di questi giorni si farà preghiera, chiedendo per voi tutti la pace in fraterna convivenza, stimolati da una speranza cristiana che non delude». E un po' più in là nel tempo, un altro Papa faceva una esortazione con parole che giungono ancora al nostro cuore dopo tanti secoli: «Non vi è nessun malato al quale vi sia negata la vittoria della croce, né vi è nessuno al quale non lo aiuti la preghiera di Cristo. Giacché se questa è stata di profitto per coloro i quali hanno infierito contro di Lui, quanto più lo sarà per coloro i quali si rivolgono a Lui?» (San Leone Magno).
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26/05/2023 09:28
 
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«Mi ami più di costoro?»

Fr. Habel JADERA
(Bogor, Indonesia)
Oggi, il Vangelo ci racconta un'altra delle apparizioni di Gesù ai suoi discepoli. In modo profondo, il dialogo tra il Signore e Pietro ci mostra la misericordia di Dio come suo grande amore per i discepoli e per il mondo. Questo non è un dialogo qualsiasi tra Gesù e il suo discepolo Pietro. Sia Gesù Cristo che Pietro parlano di amore, ciascuno dal proprio punto di vista. Le tre domande di Gesù: «Mi ami più di questi? » (Gv 21,15) può essere considerata una riaffermazione del duplice statuto di Pietro, e cioè: da una parte, come discepolo che lo ama più degli altri, e, dall'altra, come discepolo che lo ama a Lui di più che ai loro compagni. In ogni caso, il grande atto d'amore di Gesù Cristo sollecita una risposta profonda da parte di Pietro.

Rispondendo «Sì, Signore, tu sai che ti amo», Simone sembra essere consapevole delle sue tre cadute rinnegando Gesù, il Figlio di Dio che sta davanti a lui e che dice ai discepoli «non sia turbato il vostro cuore», «la pace sia con voi» (cfr Gv 14,27; 20,19).

Gesù conclude questo importantissimo dialogo con la conferma della missione di Pietro e del primato che prima gli aveva concesso (cfr Mt 16,18-20), soprattutto quando Cristo gli dice «Pasci le mie pecorelle». L'adempimento degli incarichi di Gesù richiede un amore straordinario, un amore missionario nell'anima. Questo amore missionario deve andare in crescendo . Come ha affermato papa Francesco, «l'amore crea legami e dilata l'esistenza quando trascina la persona fuori di sé verso l'altro».

Per diventare suoi pastori, Gesù Cristo esige la seguente caratteristica fondamentale dell'amore missionario: amarlo più di chiunque altro. Infine, come discepoli di Gesù, ci viene chiesto di rendere operativa la legge dell'estasi . L'amante, cioè, deve «uscire da se stesso per trovare nell'altro la crescita del suo essere» (Francesco). L'amore missionario ci spinge ad andare oltre noi stessi!

Pensieri per il Vangelo di oggi
«L'amore non è una questione di miracoli ma semplicemente di virtù.: L'amore è l'adempimento di tutta la legge (Rm 13,10). Amatevi gli uni gli altri e in questo modo assomiglierete agli apostoli, sarete al primo posto» (San Giovanni Crisostomo)

« Tu ami? , ha un significato universale, un valore duraturo. Costruisce, nella storia dell'umanità, il mondo del bene.» (San Giovanni Paolo II)

«Gesù ha affidato a Pietro un'autorità specifica ( ). Il potere delle chiavi indica l'autorità di governare la casa di Dio, che è la Chiesa. Gesù, il Buon Pastore (Gv 10,11) ha confermato questo incarico dopo la sua resurrezione: Pasci le mie pecore (Gv 21,15-17)» (Catechismo della Chiesa Cattolica, nº 553)
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28/05/2023 08:29
 
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Ricevete lo Spirito Santo»

Mons. José Ángel SAIZ Meneses, Arcivescovo di Siviglia
(Sevilla, Spagna)
Oggi, nel giorno di Pentecoste si compie la promessa che Gesù fece agli Apostoli. Nel pomeriggio del giorno di Pasqua alitò su di loro e disse: «Ricevete lo Spirito Santo» (Gv 20,22). La venuta dello Spirito Santo nel giorno di Pentecoste rinnova e porta a termine questo dono in modo solenne e con manifestazioni esterne. Così culmina il mistero pasquale.

Lo Spirito che Gesù comunica crea, nel discepolo, una nuova condizione umana producendo unità. Quando l orgoglio dell uomo lo porta a sfidare Dio costruendo la Torre di Babele, Dio confonde le loro lingue così che non possano capirsi. In Pentecoste avviene l inverso: per grazia dello Spirito Santo, gli Apostoli sono capiti per gente di provenienze e lingue diverse.

Lo Spirito Santo è il Maestro interiore che guida il discepolo verso la verità, che lo spinge ad operare bene, che lo consola nel dolore, che lo trasforma interiormente, dando forza e capacità nuove.

Il primo giorno di Pentecoste dell era cristiana, gli Apostoli si trovavano riuniti in compagnia di Maria, raccolti in preghiera. Il raccoglimento, l attitudine di preghiera è imprescindibile per ricevere lo Spirito. «Venne all'improvviso dal cielo un rombo, come di vento che si abbatte gagliardo, e riempì tutta la casa dove si trovavano. Apparvero loro lingue come di fuoco che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro» (Atti 2,2-3).

Tutti furono pieni di Spirito Santo e si misero a predicare coraggiosamente. Quegli uomini intimoriti erano stati trasformati in coraggiosi predicatori per niente temerosi del carcere, della tortura o del martirio. Non c è da sorprendersi: la forza dello Spirito era in loro.

Lo Spirito Santo, Terza Persona della Trinità, è l anima della mia anima, la vita della mia vita, l essere del mio essere; è la mia santificazione, l ospite del mio più profondo interiore. Per raggiungere la maturità nella vita di fede è necessario che la relazione con Lui sia ogni volta più consapevole, più personale. In questa celebrazione di Pentecoste spalanchiamo le porte del nostro interiore.

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29/05/2023 08:11
 
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Ecco tuo figlio»

P. Alexis MANIRAGABA
(Ruhengeri, Ruanda)
Oggi facciamo memoria di Maria, Madre della Chiesa. In questo senso, contempliamo la maternità spirituale di Maria in connessione con la Chiesa che è in sé stessa Madre del Popolo di Dio, perché «nessuno può avere Dio per Padre, se non ha la Chiesa per Madre» (San Cipriano). Maria è la Madre del Figlio di Dio e allo stesso tempo Madre di coloro che amano il suo Figlio e i ben amati di suo Figlio, in conformità con quel «Donna, ecco tuo figlio; discepolo: Ecco tua madre» (Gv 19, 26-27), come disse Gesù. Dando il suo corpo agli uomini e restituendo il suo spirito al Padre, Gesù Cristo perfino ha anche dato sua Madre ai suoi amici.

E il più grande amore è quello con cui Gesù ama la Chiesa (cfr Ef 5,25), alla quale appartengono i suoi amici. Pertanto, i figli adottati da Dio non possono avere Gesù come fratello se non hanno Maria come Madre perché, mentre Maria ama suo Figlio, ama la Chiesa della quale Lei è un membro eminente. Ciò non significa che Maria sia superiore alla Chiesa, ma che è «madre dei membri di Cristo» (Sant'Agostino).

Il Concilio Vaticano II aggiunge che Maria è «veramente madre delle membra di Cristo perché cooperò con la carità alla nascita dei fedeli della Chiesa, i quali di quel capo sono le membra (Gesù)». Inoltre, rimanendo in mezzo agli Apostoli nel Cenacolo (cfr At 1, 14), Maria Madre della Chiesa ricorda la presenza, il dono e l'azione dello Spirito Santo nella Chiesa missionaria. Invocando lo Spirito Santo nel cuore della Chiesa, Maria prega con la Chiesa e prega per la Chiesa, perché «assunta alla gloria del cielo, accompagna con materno amore la Chiesa e la protegge» (Prefazion della Messa Maria, Madre della Chiesa ).

Maria si prende cura dei suoi figli. Possiamo, quindi, affidargli tutta la vita della Chiesa, come ha fatto Papa Paolo VI: «O Vergine Maria, Madre di Dio, Madre augustissima della Chiesa, a te raccomandiamo tutta la Chiesa e il Concilio Ecumenico».
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29/05/2023 09:12
 
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[Modificato da Coordin. 29/05/2023 09:13]
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29/05/2023 09:24
 
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Prova
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30/05/2023 09:02
 
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«Non c è nessuno che abbia lasciato casa (...) per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva (...) cento volte tanto (...) e la vita eterna nel tempo che verrà»

Rev. D. Jordi SOTORRA i Garriga
(Sabadell, Barcelona, Spagna)
Oggi, come quel padrone che andava in piazza ogni mattina a cercare lavoratori per la sua vigna, il Signore cerca discepoli, seguaci, amici. Il Suo invito è universale. E un offerta affascinante! Il Signore ci dà fiducia. Pone, però, una condizione per essere Suoi discepoli, condizione che può scoraggiarci; bisogna lasciare «casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi a causa mia e a causa del vangelo»(Mc 10,29).

Non c è contropartita? Non c è compenso? Questo ci apporterà dei benefici? Pietro a nome degli Apostoli, ricorda al Maestro: «Noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito» (Mc 10,28), quasi volesse dire: che beneficio otterremo da tutto questo?

La promessa del Signore è generosa; «già al presente cento volte (...) e nel futuro la vita eterna» (Mc 10,30). Lui non si lascia vincere in generosità. Però aggiunge: Con persecuzioni . Gesù è realista e non vuole ingannarci. Essere Suoi discepoli, se lo siamo veramente, ci porterà difficoltà, problemi. Ma Gesù considera le persecuzioni e le difficoltà come un premio, giacchè ci aiutano a crescere, se le sappiamo accettare e vivere come un occasione per guadagnare in maturità e in responsabilità. Tutto quello che è motivo di sacrificio ci fa rassomigliare a Gesù che ci salva con la sua morte sulla Croce.

Stiamo sempre in tempo per rivedere la nostra vita ed avvicinarci di più a Gesù. Questi tempi, e tutto il tempo, ci permettono per mezzo della preghiera e dei sacramenti- di verificare se, tra i discepoli che Lui cerca, ci siamo noi, e vedremo pure quale deve essere la nostra risposta a questa chiamata. Accanto alle risposte radicali (come quella degli Apostoli) ve ne sono altre. Per molti, lasciare casa, fratelli, sorelle, madre, padre... vorrà dire tutto quello che ci impediva di vivere in profondità l amicizia verso Gesù e, conseguentemente, essere Suoi testimoni di fronte al mondo. E questo è urgente, non ti sembra?
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31/05/2023 09:24
 
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«Il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo»

Mons. F. Xavier CIURANETA i Aymí Vescovo Emerito di Lleida
(Lleida, Spagna)
Oggi contempliamo il fatto della Visita della Vergine Maria a sua cugina Elisabetta. Appena le è stato comunicato di essere stata scelta da Dio Padre per essere Madre del Figlio di Dio, e che sua cugina Elisabetta ha ricevuto anche lei il dono della maternità, marcia decisa verso la montagna per felicitare la sua propria cugina, e condividere con lei la gioia di essere state favorite dal dono della maternità e per servirla.

Il saluto della Madre di Dio provoca che il bambino, che Elisabetta porta nel suo grembo salti di entusiasmo fra le entraglie di sua madre: La Madre di Dio, che porta Gesù nel suo grembo è causa di gioia. La maternità è un dono di Dio che genera gioia. Le famiglie gioiscono quando si annunzia una vita nuova. La nascita di Cristo produce certamente «una grande gioia» (Lc 2,10).

Malgrado tutto, oggi la maternità non è valorizzata dovutamente. Frequentemente si prepongono altri interessi superficiali che sono manifestazioni di comodità e di egoismo. Le possibili rinuncie che comporta l amore paterno e materno, spaventano a tanti matrimoni che chissà per i mezzi che hanno ricevuto da Dio, dovrebbero essere più generosi e dire di Sì in maniera più responsabile alle nuove vite. Tante famiglie smettono di essere santuari della vita . Il Papa San Giovanni Paolo II fa constatare che la contraccezione e l aborto «hanno le loro radici nella mentalità edonistica e irresponsabile, rispetto alla sessualità e presuppongono un concetto egoista della libertà, che vede nella procreazione un ostacolo allo sviluppo della propria personalità».

Elisabetta, durante cinque mesi, non usciva di casa e meditava: «Ecco che cosa ha fatto per me il Signore» (Lc 1,25). E Maria disse: «L'anima mia magnifica il Signore (...) perché ha guardato l'umiltà della sua serva» (Lc 1,46.48). La Vergine Maria e Elisabetta valorizzano e ingrandiscono l opera di Dio in loro: la maternità! È necessario che i cattolici ritrovino il significato della vita come un dono di Dio agli esseri umani.

Pensieri per il Vangelo di oggi
«Cuore dolcissimo di Maria, dai forza e sicurezza al nostro cammino sulla terra: sii tu stessa la nostra via, perché tu conosci il cammino e la scorciatoia sicura che portano, attraverso il tuo amore, all'amore di Gesù Cristo»(San Josemaría)

«In questa festa contempliamo Maria. Ci apre alla speranza, a un futuro pieno di gioia e ci insegna la via per raggiungerlo: accogliere suo Figlio nella fede; non perdere mai la nostra amicizia con Lui, ma lasciarci illuminare e guidare dalla sua Parola» (Benedetto XVI)

«Solo la fede può aderire alle vie misteriose dell'onnipotenza di Dio. Questa fede si gloria delle sue debolezze per attirare su di sé la potenza di Cristo. Di questa fede, la Vergine Maria è il modello supremo: ha creduto che nulla è impossibile a Dio (Lc 1,37) e ha potuto proclamare la grandezza del Signore: "Il Potente ha fatto cose meravigliose per me, santo è il suo nome" (Lc 1,49)» (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 273)
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01/06/2023 07:45
 
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«Figlio di Davide, abbi pietà di me!»

P. Ramón LOYOLA Paternina LC
(Barcelona, Spagna)
Oggi, Cristo esce a trovarci. Tutti siamo Bartimeo: quel cieco vicino al quale passò Gesù e saltò gridando fino che le prestasse attenzione. Forse abbiamo un nome un po' più gradevole... però la nostra debolezza umana (morale) assomiglia la cecità che soffriva il nostro protagonista. Neanche noi raggiungiamo a vedere che Cristo vive nei nostri fratelli e, così, li trattiamo come li trattiamo. Forse non arriviamo a vedere nelle ingiustizie sociali, nelle strutture di peccato, una chiamata offensiva ai nostri occhi per un impegno sociale. Chissà non intravediamo che «c è più felicità nel dare che nel ricevere», che «nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici» (Gv 15,13). Vediamo nuvoloso quello che è nitido: che le illusioni del mondo portano alla delusione, e che i paradossi del Vangelo, dopo le difficoltà, procurano frutto, realizzazione e vita. Siamo veramente non vedenti, ma non eufemisticamente, ma in realtà: nostra volontà indebolita per il peccato eclissa la verità nella nostra intelligenza e scegliamo quello che non ci conviene.

Soluzione:gridare, vuol dire, umilmente pregare «Figlio di Davide, abbi pietà di me!» (Mc 10,48). E gridare in più quanto più ti rimproverino, ti scoraggino o tu ti scoraggi: «Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte...» (Mc 10,48). Gridare che è anche chiedere: «Rabbunì, che io veda» (cf. Mc 10,51). Soluzione: dare, come lui, un salto nella fede, credere più in là delle nostre certezze, fidarsi di chi ci amò, ci creò, ed è venuto a redimerci e restò con noi, nell Eucaristia.

Il Papa Giovanni Paolo II ce lo diceva con la sua vita: le sue lunghe ore di meditazione tante che il suo Segretario diceva che pregava troppo - ci dicono chiaramente che «quello che prega cambia la storia».
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04/06/2023 08:40
 
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«Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio»

Mons. Joan Enric VIVES i Sicília Vescovo di Urgell
(Lleida, Spagna)
Oggi è conveniente ascoltare nuovamente che «Dio infatti ha tanto amato il mondo» (Gv 3, 16) perché, nella festa della Santissima Trinità, Dio è adorato, amato e servito, perché Dio è l Amore. In Lui vi sono relazioni che sono d Amore, e tutto ciò che fa, attivamente, lo fa per Amore. Dio ama. Ci ama. Questa grande verità è di quelle che ci trasformano, che ci rendono migliori. Poiché penetrano nella nostra comprensione, ci risultano del tutto evidenti. Penetrano la nostra azione perfezionandola verso una totale azione d amore. E quanto più puro, diviene più grande e perfetto.

San Giovanni della Croce ha potuto scrivere: «Dove non c è amore, metti amore e troverai amore». Ed è proprio così, perché è quel che Dio fa sempre. Lui «ha mandato il Figlio nel mondo (...) perché il mondo si salvi» (Gv 3,17) grazie alla vita e all amore fino alla morte in croce di Gesù Cristo. Oggi lo contempliamo come l unico che ci rivela l autentico amore.

Si parla tanto d amore, che talvolta abbia perso la sua originalità. Amore è quel che Dio sente per noi. Ama e sarai felice! Perché amore è dare la propia vita a coloro che amiamo. Amore è gratitudine e semplicità. Amore è svuotarsi di uno stesso per ricevere tutto da Dio. Amore è badare diligentemente al servizio del prossimo che ci necessita. Amore è perdere per guadagnare al cento per uno. Amore è vivere senza fare i conti di quel che si va facendo. Amore è ciò che ci fa assomigliare a Dio. Amore e solo l amore- è l eternità già in mezzo a noi!

Viviamo l Eucaristia che è il sacramento dell Amore, poiché ci regala l Amore di Dio fatto carne. Ci rende partecipi del fuoco che arde nel Cuore di Gesù, ci perdona e ci rifà in modo che possiamo amare con l Amore stesso con il quale siamo amati.
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05/06/2023 07:19
 
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Al momento opportuno mandò un servo dai contadini a ritirare da loro la sua parte del raccolto della vigna»

Fr. Alphonse DIAZ
(Nairobi, Kenya)
Oggi, il Signore ci invita a passeggiare nella Sua vigna: «Un uomo piantò una vigna (e...) la diede in affitto a dei contadini» (Mc 12,1).Tutti siamo locatari di questo vigneto. Il vigneto è il nostro proprio spirito, la Chiesa ed il mondo intero. Iddio ci chiede frutti. In primo luogo, la nostra santità personale; poi un apostolato costante tra i nostri amici, affinché il nostro esempio e la nostra parola li incoraggi ad avvicinarsi sempre di più a Cristo; infine, il mondo, che si trasformerà in un miglior luogo per viverci, se santifichiamo il nostro lavoro professionale, le nostre relazioni sociali e il nostro dovere verso il benessere comune.

Che classe di locatari siamo? Di quelli che lavorano sodo, o di quelli che s infastidiscono quando il padrone manda i suoi servi a riscuotere l affitto? Possiamo opporci a quelli che hanno la responsabilità di aiutarci a produrre i frutti che Dio aspetta da noi. Possiamo opporre obiezioni a quanto insegnano la Santa Madre Chiesa ed il Papa, i vescovi, o forse, più modestamente, i nostri genitori, il nostro direttore spirituale o quel buon amico che sta cercando di aiutarci. Possiamo, finanche, diventare aggressivi e cercare di aggredirli o di ferirli o persino di ucciderli mediante la nostra critica e commenti negativi. Dovremmo esaminare noi stessi sui motivi reali di quest atteggiamento. Forse abbiamo bisogno di conoscere più profondamente la nostra fede; forse dobbiamo imparare a conoscerci meglio, a realizzare un miglior esame di coscienza, per poter scoprire le ragioni per le quali non vogliamo produrre frutti.

Chiediamo alla nostra Madre Maria il Suo aiuto per poter lavorare con amore, sotto la guida del Papa. Tutti possiamo essere buoni pastori e pescatori di uomini. «Allora andiamo e chiediamo al Signore che ci aiuti a produrre frutto, un frutto che perduri. Solo così questa valle di lacrime, verrà trasformata in un giardino di Dio» (Benedetto XVI). Potremmo avvicinare a Gesù il nostro spirito, quello dei nostri amici, o quello di tutto il mondo, se semplicemente leggessimo e meditassimo quanto ci insegna il Santo Padre e cercassimo di metterlo in pratica.
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06/06/2023 08:27
 
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Quello che è di Cesare rendetelo a Cesare, e quello che è di Dio, a Dio»

Rev. D. Manuel SÁNCHEZ Sánchez
(Sevilla, Spagna)
Oggi, di nuovo ci meravigliamo dell ingegno e della saggezza di Cristo. Egli con la Sua magistrale risposta segnala direttamente la giusta autonomia delle realtà terrene: «Quello che è di Cesare rendetelo a Cesare» (Mc 12,17).

Ma la Parola di oggi è molto di più che uscire da un affanno; è un fatto che risulta attuale in tutti i momenti della nostra vita: che cosa sto dando a Dio? E realmente la cosa più importante nella mia vita? Dove ho posto il cuore? Perché... «dov'è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore» (Lc 12,34).

Infatti, secondo San Geronimo, «dovete dare per forza al Cesare la moneta che porta impressa la sua effigie; ma voi consegnate con piacere tutto il vostro essere a Dio, perché è impressa in noi la Sua immagine e non quella del Cesare». Lungo la Sua vita Gesù propone costantemente la questione dell elezione. Siamo noi che siamo chiamati a scegliere, e le opzioni sono chiare: vivere secondo i valori di questo mondo, o vivere d accordo ai valori del Vangelo.

E sempre tempo di scelta, tempo di conversione, tempo per tornare a risistemare la nostra vita nella dinamica di Dio. Sarà la preghiera e specialmente quella fatta con la Parola di Dio, quella che ci vada scoprendo ciò che Dio vuole da noi. Chi sa scegliere Dio si converte in dimora di Dio, giacché «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui» (Gv 14,23). E la preghiera che si trasforma in una autentica scuola, dove, come afferma Tertulliano, «Cristo va insegnandoci qual è la volontà del Padre che Lui realizzava nel mondo e quale deve essere la condotta dell uomo affinché sia conforme a questo stesso progetto». Sappiamo scegliere, perciò, quello che ci conviene!
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07/06/2023 07:10
 
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«Non è Dio dei morti, ma dei viventi!»

Pbro. D. Federico Elías ALCAMÁN Riffo
(Puchuncaví - Valparaíso, Cile)
Oggi, la Santa Chiesa sottopone alla nostra considerazione per mezzo della parola di Cristo- la realtà della risurrezione e le proprietà dei corpi risuscitati. Infatti, il Vangelo ci narra l incontro di Gesù con i sadducei, che per mezzo di un caso ipotetico subdolo- Gli presentano una difficoltà circa la risurrezione dei morti, verità in cui essi non credevano.

Gli dicono che, se una donna sette volte vedova, «Di quale di loro [dei sette mariti] sarà moglie?» (Mc 12,23). Cercano, così, di ridicolizzare la dottrina di Gesù. Ma il Signore disfa questa difficoltà all esporre che «Quando risusciteranno dai morti, infatti, non prenderanno moglie né marito, ma saranno come angeli nei cieli.» (Mc 12,26-27).

E, vista l occasione, Nostro Signore approfitta la circostanza per affermare la realtà della risurrezione, citando quello che disse Dio a Mosè nell episodio del rovo: «Io sono il Dio di Abramo, il Dio di Isaac e il Dio di Giacobbe» e aggiunge «Non è Dio dei morti, ma dei viventi» (Mc 12,26-27) Lì Gesù li rimprovera per l equivoco in cui si trovano, perché non capiscono ne le Scritture ne il potere di Dio; non solo ma questa verità era già stata rivelata nell Antico Testamento: così lo insegnarono Isaia, la madre dei Maccabei, Giobbe ed altri.

Sant Agostino descriveva così la vita di eterna e amorosa comunione: «Lì non soffrirai limiti ne angustie perché avrai tutto, e tuo fratello anche lui avrà tutto; perché voi due, tu e lui, sarete una sola cosa e questa unicità possederà pure Colui che possederà ambidue».

Noialtri lungi dal dubitare delle Sacre Scritture e del potere misericordioso di Dio, aderiti, con tutta la mente ed il cuore a questa verità che infonde speranza, ci rallegriamo al non vedere frustrata la nostra sete di vita, piena ed eterna, la quale ci viene rassicurata nello stesso Dio, nella Sua gloria e felicità. Davanti a questo invito divino, non ci resta che accrescere il nostro desiderio di vedere Dio, il desiderio di trovarci per sempre regnando accanto a Lui.
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12/06/2023 07:46
 
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«Beati i poveri in spirito»

Rev. D. Àngel CALDAS i Bosch
(Salt, Girona, Spagna)
Oggi, con la proclamazione delle Beatitudini, Gesù ci fa notare che spesso siamo degli smemorati e agiamo come bambini, perché il gioco ci fa perdere il ricordo. Gesù temeva che l abbondanza di buone notizie che ci ha comunicato cioè parole, gesti e silenzi si diluisse nei nostri peccati e preoccupazioni. Ricordate, nella parabola del seminatore, l immagine del chicco di grano soffocato dalle spine? Per questo san Matteo ci riporta le Beatitudini come dei principi fondamentali, per non farcele dimenticare mai. Sono un compendio della Nuova Legge presentata da Gesù, come dei punti base che ci aiutano a vivere cristianamente.

Le Beatitudini sono destinate a tutti. Il Maestro non insegna solo ai discepoli che lo circondano, non esclude nessun gruppo di persone, ma presenta un messaggio universale. Certamente puntualizza sulle disposizioni che dobbiamo avere e sulla condotta morale che ci chiede. Anche se la salvezza definitiva non esiste in questo mondo ma nell altro, mentre viviamo nella terra dobbiamo cambiare la mentalità e trasformare la nostra valutazione delle cose. Dobbiamo abituarci a vedere il volto di Cristo che piange in quelli che piangono, in coloro che vogliono vivere staccati dalle cose a parole e nei fatti, nei miti di cuore, in coloro che fomentano aneli di santità, in coloro che hanno preso una determinata determinazione , come diceva santa Teresa d Avila di essere seminatori di pace e gioia.

Le Beatitudini sono il profumo del Signore che partecipa alla storia umana. Anche nella tua e nella mia. I due ultimi versetti includono la presenza della Croce, dal momento che invitano alla gioia quando le cose diventano difficili dal punto di vista umano a causa di Gesù e del Vangelo. È evidente che quando la coerenza della vita cristiana sia solida e convinta, allora più facilmente verrà la persecuzione sotto mille forme, tra difficoltà e contrarietà inaspettate. Il testo di san Matteo è chiaro: allora «rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. » (Mt 5,12).
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